Il testo che segue è l’ultima di tre parti di un discorso tenuto da anziano Lynn G. Robins durante l’edizione di BYU Campus Education Week del 2017. A conclusione del suo discorso, anziano Robins ci spiega come rinnegare la giustizia di Dio ci impedisca anche di avere accesso al potere di guarigione dell’Espiazione.

Non possiamo essere responsabili del comportamento altrui, ma siamo responsabili del modo in cui reagiamo. Quando decidiamo di perdonare nonostante i torti subiti, mettiamo la giustizia nelle mani di Dio e permettiamo a noi stessi di essere liberi dalla rabbia e dal rancore.                  

È possibile leggere la parte I del discorso cliccando qui sotto:

https://fedeincristo.it/principi/arbitrio-e-responsabilita/

È possibile leggere la parte II del discorso cliccando qui sotto:

https://fedeincristo.it/principi/essere-responsabili-al-100-per-cento/

L’esempio più grande di tutti

giustizia di DioCertamente il Maestro fu la persona con il più grande senso di responsabilità nella storia del mondo. Il Suo è l’esempio più grande. Persino nei Suoi momenti di atroce dolore ed agonia, non mostrò mai autocommiserazione, uno dei punti disfunzionali sulla lista.

Ha sempre pensato agli altri con continuo altruismo e preoccupazione—risanando l’orecchio del soldato nel Getsemani, e successivamente sulla croce, pregando per coloro che Lo avevano schernito—in adempimento al Suo comandamento:

“Padre, perdona loro; perché non sanno quello che fanno” (Luca 23:34).

Più siamo come il Salvatore, meno avremo la tendenza a giudicare ingiustamente, ad arrenderci con qualcuno, o ad abbandonare una causa retta.

Nonostante possiamo talvolta arrenderci con noi stessi, il Salvatore non si arrende mai con noi, perché Lui è perfetto nella Sua longanimità:

“Nonostante i loro peccati, le mie viscere sono piene di compassione verso di loro” (DeA 101:9).

Gesù Cristo non venne per trovare i nostri difetti, criticarci, o incolparci. Egli venne per sostenerci, edificarci e salvarci (vedere Luca 9:56).

Tuttavia, la Sua compassione non annulla la Sue aspettative relativamente al fatto che siamo pienamente responsabili e non cerca mai di minimizzare o giustificare il peccato.

“Poiché io, il Signore, non posso considerare il peccato col minimo grado di tolleranza” (DeA 1:31; vedere anche Alma 45:16).

Se il Signore non può considerare il peccato con il minimo grado di tolleranza, quale legge del vangelo richiede una completa e piena responsabilità per il peccato?

La legge della giustizia. “Perché, credi tu che la misericordia possa derubare la giustizia? Io ti dico: No, neppure in un punto. Se così fosse, Dio cesserebbe di essere Dio” (Alma 42:25; vedere anche il versetto 24).

Nemmeno con il “minimo grado” e “neppure in un punto” sono modi diversi per dire che Dio ritiene i Suoi figli responsabili al 100 per cento per l’uso che fanno del loro libero arbitrio.

Il pericolo della lista anti-responsabilità consiste nel fatto che impedisce alle sue vittime di vedere il loro bisogno di pentirsi. Laman e Lemuele, per esempio, non vedevano il loro bisogno di pentirsi perché era tutta colpa di Nefi.

“Se non è colpa mia, perché dovrei pentirmi?”. Colui che è accecato non riesce nemmeno a compiere il primo passo nel processo di pentimento, ovvero riconoscere il bisogno di pentirsi. 

Alma comprendeva bene quanto le giustificazioni ci tengano lontani dal pentimento, come vediamo da questo versetto in cui ammonisce il suo ribelle figlio, Corianton:

Perché, credi tu che la misericordia possa derubare la giustizia? Io ti dico: No, neppure in un punto. Se così fosse, Dio cesserebbe di essere Dio… 

O figlio mio, desidero che tu non neghi più la giustizia di Dio.

Non cercare più di giustificarti minimamente a causa dei tuoi peccati, negando la giustizia di Dio; ma lascia che la giustizia di Dio, la sua misericordia e la sua longanimità abbiano ampio spazio nel tuo cuore; e lascia che questo ti abbassi nella polvere in umiltà. (Alma 42:25, 30)

giustizia di Dio_3Come apprendiamo da questo versetto, coloro che si giustificano stanno “negando la giustizia”—il principio di Nehor—e credono che la legge della giustizia non si applichi a loro.

Alma stava pregando suo figlio di non ricorrere alla lista. “Non cercare più di giustificarti neppure in un punto”. Stava insegnando a suo figlio ad essere responsabile al 100 per cento.

Negare la giustizia di Dio—o dire di non essere responsabili per i nostri peccati—vuol dire anche negare la Sua giustificazione nel perdono di quel peccato:

Il Signore sarebbe certamente venuto per redimere il suo popolo, ma che non sarebbe venuto a redimerlo nei suoi peccati, ma a redimerlo dai suoi peccati” (Helaman 5:10; enfasi aggiunta).

Due modi per negare la giustizia di Dio

Satana riesce a dividere i principi complementari di misericordia e giustizia, quando una persona cede alla tentazione di negare la giustizia del Signore.

Questa negazione della giustizia del Signore si presenta sotto almeno due forme. La prima, che ho già menzionato, consiste nel rinnegare la legge di giustizia relativamente ai propri peccati, qualcosa di cui sia Korihor che Nehor erano sostenitori.

Una seconda e altrettanto dannosa forma di negazione consiste nel non avere fiducia nei confronti della giustizia del Signore o nella Sua saggezza nell’affrontare le ingiustizie che altri hanno commesso nei nostri confronti.

Nella riproduzione filmica basata sul classico Il Conte di Montecristo, magistralmente scritto da Alexandre Dumas, Edmond Dantès, il protagonista, da onesto e amorevole si trasforma in un uomo rancoroso e assetato di vendetta dopo che tre avidi uomini portano falsa testimonianza contro di lui e lo incastrano con un tranello.

Il Conte di MontecristoQuando un pubblico ministero corrotto diventa complice, Dantès viene arrestato proprio nel giorno in cui avrebbe dovuto sposare la sua bellissima fidanzata, Mercédès.

All’età di diciannove anni viene condannato all’ergastolo nella famigerata isola prigione di Chateau d’If, per un crimine che non aveva commesso.

Dopo molti tortuosi anni passati in isolamento, incontra finalmente un altro prigioniero, l’anziano Abbé Faria, il quale nella sua ricerca verso la libertà, e a causa di calcoli sbagliati, aveva erroneamente scavato un tunnel che conduceva alla cella di Edmond piuttosto che alle mura esterne e alla libertà.

Con un tunnel che li collegava e nient’altro che il tempo a loro disposizione, Faria comincia ad insegnare a Dantès la storia, la scienza, la filosofia, e le lingue, trasformandolo in un uomo istruito.

Faria inoltre lascia in eredità a Dantès un tesoro di vasta ricchezza nascosto sull’isola disabitata di Montecristo e gli spiega come trovarlo, dovesse mai riuscire a fuggire.

Consapevole che la sete di vendetta avrebbe potuto consumare e distruggere Dantès, Abbé Faria gli insegna un’ultima lezione prima di morire. La lezione è di non negare la giustizia del Signore. 

Abbé Faria dice: “Non commettere lo stesso crimine per cui tu stai ora scontando una pena. Dio disse, ‘La vendetta è mia.’”

Dante replica: “Io non credo in Dio.”

Abbé Faria a quel punto dice: “Non importa. Lui crede in te.”

Dantès non si fa convincere. Alla morte di Faria, escogita un piano brillante, si nasconde all’interno del sudario di Faria e riesce finalmente a fuggire da quattordici anni di tormento a Chateau d’If.

Dopo aver recuperato il tesoro, diventa estremamente facoltoso e assume una nuova identità nelle vesti del Conte di Montecristo.

Contro gli uomini malvagi che avevano cospirato contro di lui, escogita un elaborato piano di vendetta con una punizione dolorosa e prolungata—una giusta ricompensa per i quattordici anni in cui sopravvisse a malapena rinchiuso nella prigione a cui lo avevano ingiustamente confinato.  

Con precisione, Dantès mette in atto il suo piano, e i suoi nemici subiscono la punizione che lui ha accuratamente escogitato per ognuno di loro. 

Quando leggiamo il libro o guardiamo la versione filmica de Il Conte di Montecristo, c’è qualcosa dentro di noi che vorrebbe vedere fosse fatta giustizia contro quegli uomini crudeli e cospiratori che hanno inflitto così tanto dolore su un uomo innocente.

C’è un senso di giustizia e un desiderio in ognuno di noi che il bene prevalga sul male, che le cose perdute vengano restituite, e che i cuori infranti siano guariti.

Fino a quando questo non succede, c’è un divario di ingiustizia che è difficile da riconciliare nella nostra mente e ancora più difficile nel nostro cuore—che ci lascia turbati e non ci permette di andare avanti. 

Le persone cercano di riconciliare questo divario di ingiustizia in molti modi: cercando la vendetta, giustificando la rabbia e l’amarezza, o pretendendo un risarcimento legale.

Alla fine scopriamo che la via del Signore è l’unica via di riconciliazione vera e totale.

giustizia di Dio_1L’errore di Dantès non è stato necessariamente quello di pretendere giustizia e un risarcimento, secondo quanto previsto dalle leggi del paese portando alla luce fatti malvagi con delle adeguate punizioni per i colpevoli, ma quello di permettere al suo desiderio di giustizia di trasformarsi in odio, rabbia, autocommiserazione, autogiustificazione, ed altri comportamenti debilitanti compresi nella lista anti-responsabilità.

Fondamentalmente si è abbassato al livello d’iniquità dei suoi nemici, e ha usato l’inganno, le bugie e la frode per incastrarli—al di fuori della legalità—proprio come loro avevano fatto con lui e proprio come Abbé Faria aveva preannunciato. 

Basandosi sulla legge di Mosé—occhio per occhio dente per dente— piuttosto che sulla legge del vangelo, che include perdonare e pregare per i propri nemici, Dantès ha condannato se stesso ad una vita di infelicità e amarezza.

Negando la giustizia di Dio agli altri, ha inconsapevolmente negato la misericordia di Dio a se stesso e ha scelto di scontare la pena che Cristo aveva già scontato in suo favore.

Questo lo ha derubato di una vita di felicità che avrebbe potuto essere sua se non fosse stato per la sua sete di vendetta. 

Avere fede in Gesù Cristo vuol dire credere che grazie al Suo sacrificio espiatorio, Egli riparerà ogni ingiustizia, restituirà tutte le cose perdute e guarirà ogni cuore infranto.

Aggiusterà tutte le cose, senza tralasciare nessun dettaglio. Pertanto: “e dovete dire in cuor vostro: che Dio giudichi fra me e te, e ti ricompensi secondo i tuoi atti” (DeA 64:11).

Come Edmond Dantès, molte vittime sono state così crudelmente ferite, come ad esempio in caso di maltrattamenti, senza nessuna prospettiva di giustizia, da far loro sentire che il Signore gli stesse richiedendo l’impossibile chiedendogli di perdonare. 

Per quanto possa essere difficile perdonare in circostanze simili, non perdonare è molto più difficile nel lungo termine, perché pone una persona sulla debilitante lista anti-responsabilità.

Non perdonare è sinonimo di incolpare, di rabbia, di autogiustificazione e di autocommiserazione—tutte cose presenti sulla lista. Quando Satana batte su una di queste emozioni negative, comincia ad esercitare controllo sulla vita di una persona. 

Una delle situazioni in cui è più difficile perdonare è il caso di abuso domestico, con la conseguente angoscia, senso di tradimento e crudeltà. Esiste un interessante schema ricorrente che caratterizza i casi di abuso domestico:

L’abusatore quasi sempre incolpa la vittima, proprio come Laman e Lemuele incolpavano Nefi per gli abusi che questi subiva da loro. I

l Signore avvertì Nefi di allontanare la sua famiglia da loro e le loro malvagie intenzioni affinché potesse proteggere se stesso e la sua famiglia (vedere 2 Nefi 5:1-7).

Supponiamo che una donna che sia stata crudelmente maltrattata riceva una simile rivelazione di allontanarsi da un marito estremamente violento. 

Nonostante la donna sia adesso libera da un ambiente violento, fa fatica a perdonare suo marito per la crudeltà prolungata e crescente. Sembra ingiusto chiedere a lei, l’innocente, di soffrire quando lui, il colpevole, sembra farla franca. È possibile trovare pace senza giustizia? 

Come Edmond Dantès, fino a quando la moglie maltrattata non impara a perdonare, sta negando o non credendo nella giustizia di Dio e nella sua capacità di giudicare saggiamente. 

La giustizia è una legge eterna che richiede una punizione ogni volta che una legge di Dio è infranta (Alma 42:13-24).

Il peccatore deve subire una punizione se non si pente (Mosia 2:38-39; DeA 19:17). Ma se si pente, il Salvatore paga il prezzo della punizione attraverso l’Espiazione, invocando la misericordia (Alma 34:16).

Se il marito sopramenzionato non si pente, subirà la punizione—“quanto dolorose non sapete, quanto intense non sapete, sì, quanto dure da sopportare non sapete” (DeA 19:15).

La moglie saprà se si è veramente pentito perché la sua restituzione includerà che le chieda umilmente e sinceramente perdono e cerchi di fare ammenda. 

Anche se la moglie dovesse essere in grado di comprendere la legge della giustizia, ciò che sente adesso è un bisogno di giustizia immediata. L’anziano Neal A. Maxwell saggiamente insegnò che “fede in Dio include fede nei Suoi propositi così come fede nei Suoi tempi.

Non possiamo accettare pienamente Lui se non accettiamo anche la Sua tabella di marcia”. Egli disse anche: “Il vangelo garantisce la giustizia finale, non una giustizia immediata”.

“Ecco, i miei occhi vedono e conoscono tutte le loro opere, e ho in serbo un rapido giudizio per tutti loro, nella loro stagione” (DeA 121:24).

La legge di giustizia e la fiducia nei tempi del Signore, permettono alla moglie di non preoccuparsi più della giustizia e di riporre il giudizio nelle mani di Dio:

“Ecco cosa dice la Scrittura — l’uomo non colpirà, né giudicherà; poiché il giudizio è mio, dice il Signore, e anche la vendetta è mia, e io ripagherò” (Mormon 8:20).

Anziano Holland ha condiviso questo insegnamento utile:

E, per favore, non chiedetemi se è giusto […] Quando si tratta dei nostri peccati, non chiediamo giustizia, bensì invochiamo la misericordia e questo è esattamente ciò che dobbiamo essere disposti a dare.

Riusciamo a vedere la tragica ironia insita nel non concedere agli altri ciò di cui abbiamo tanto bisogno noi stessi?

Coloro che hanno subito danni permanenti, sofferenza prolungata, o perdita a causa di un’offesa affrontano una sfida ancora più grande nel perdonare e consegnare la giustizia al Signore. Fortunatamente possono trovare conforto in quello che il profeta Joseph Smith insegnò:

“E cosa possono fare questi [malcapitati]? Niente. Tutte le vostre perdite saranno ricompensate nella resurrezione, a patto che rimaniate fedeli.”

Fino a quando la moglie maltrattata non sarà in grado di consegnare la giustizia a Dio, con tutta probabilità continuerà ad avere sentimenti di rabbia—che costituiscono una forma di negativa devozione verso il suo abusatore—e questo la rende prigioniera di un incubo ricorrente.

Il presidente George Albert Smith lo definì “custodire un’influenza inappropriata”.

Con un marito che l’ha ferita così tanto, perché la moglie dovrebbe permettergli di continuare a renderla una vittima tormentando i suoi pensieri?

Non ha già sofferto abbastanza? Non perdonare il suo carnefice permette a quest’ultimo di continuare in maniera imperterrita a tormentarla. Il perdono non rende libero lui; rende libera lei. 

Una parte del comprendere il perdono è costituita dal comprendere ciò che non è:

  • Perdonare il marito violento non vuol dire giustificare o accettare la sua crudeltà
  • Perdonare non vuol dire dimenticarne la brutalità; non si può cancellare un ricordo che è così traumatico.
  • Dimenticare non vuol dire che la giustizia sia stata negata, poiché la misericordia non può derubare la giustizia.
  • Il perdono non cancella le offese causate, ma può cominciare a guarire le ferite e alleviare il dolore.
  • Perdonare non vuol dire avere di nuovo fiducia in lui e dargli ancora una possibilità di maltrattare lei e i bambini. Se perdonare è un comandamento, la fiducia deve essere conquistata e dimostrata attraverso un buon comportamento che perdura nel tempo, che chiaramente non ha mostrato.
  • Perdonare lui non vuol dire perdonare i suoi peccati. Solo il Signore può farlo, dietro pentimento sincero. 

Questo è ciò che il perdono non è. Ciò che il perdono è invece comprende perdonare la follia del marito—persino la stupidità— nell’aver ceduto agli impulsi dell’uomo naturale e allo stesso tempo sperare ancora che ceda “ai richiami del Santo Spirito” (Mosia 3:19).

Perdonare non vuol dire dargli un’altra possibilità di maltrattare, però significa dargli un’altra possibilità nel piano di salvezza. 

È utile che la moglie capisca che “noi veniamo puniti dai nostri peccati e non per i nostri peccati”. Ella allora riconosce che il suo carnefice ha inflitto su se stesso danni di gran lunga più eterni dei danni fisici che ha inflitto su di lei.

E anche nel presente, il sua grado di felicità e gioia sarà inversamente proporzionale alla sua malvagità, poiché “la malvagità non fu mai felicità” (Alma 41:10). È da compatire per la triste e precaria situazione in cui si trova. 

Sapere che sta affondando in sabbie mobili spirituali potrebbe cominciare a far mutare il desiderio di giustizia della moglie—cosa che è già in atto—in una speranza che lui si penta prima che sia troppo tardi.

Con una tale comprensione potrebbe persino cominciare a pregare per colui il quale l’ha spregevolmente maltrattata. 

Il cambiamento divino che sta subendo il suo cuore la aiuta a perdonare e fa avverare la guarigione che lei desidera e merita così disperatamente. Il Salvatore sa esattamente come guarirla perché conosce perfettamente il suo dolore, avendolo vissuto per procura.  

In questo scenario della moglie maltrattata, ci sono due parti—il marito violento e la moglie-vittima, entrambi i quali hanno bisogno dell’aiuto divino.

Alma ci insegna che il Salvatore soffrì per entrambi: per il peccato dell’uomo e per l’angoscia, la sofferenza e il dolore della donna (Vedere Alma 7:11-12; Luca 4:18).

Per accedere alla grazia del Salvatore e al potere di guarigione della Sua Espiazione, il Salvatore richiede qualcosa da parte di entrambi. 

La chiave di accesso del marito alla grazia del Signore è il pentimento. Se il marito non si pente, non può essere perdonato dal Signore (vedere DeA 19:15-17). 

La chiave di accesso della moglie alla grazia del Signore e alla sua capacità di guarigione è il perdono. Fino a quando la moglie non sarà in grado di perdonare, starà scegliendo di patire l’angoscia e il dolore per cui Lui ha già sofferto.

Non perdonando, nega inconsapevolmente la Sua misericordia e guarigione. In un certo senso, adempie la scrittura che dice: 

Io, Iddio, ho sofferto queste cose […] affinché non soffrano […]

Ma se non volessero pentirsi [o perdonare,] dovranno soffrire proprio come me (DeA 19:16-17).

Mai negare la giustizia di Dio

giustizia di Dio_2Riassumendo, essere responsabili al 100 per cento vuol dire accettare di essere la persona al comando della propria vita.

Se crediamo che la colpa sia degli altri e che questi debbano cambiare prima di continuare nel nostro progresso, allora siamo sottomessi alla loro mercé e questi hanno il controllo sugli esiti positivi o i risultati sperati nella nostra vita.

Il libero arbitrio e la responsabilità sono indissolubilmente connessi. Non si può evitare la responsabilità senza ridurre il nostro arbitrio. Anche la misericordia e la giustizia sono inseparabili.

È impossibile negare la giustizia di Dio senza intralciare la Sua misericordia. Oh, quanto piace a Satana dividere questi principi dottrinali e ridere della devastazione che ne scaturisce!

Invito ognuno di voi ad eliminare la lista anti-responsabilità o lista anti-fede dalla vostra vita, anche quando avete ragione! Non è una lista adatta ai valorosi figli e figlie di Dio che si sforzano di diventare come Lui.

È uno degli strumenti principali che Satana utilizza per controllare e distruggere le vite delle persone.

Il giorno in cui una persona elimina questa lista dalla propria vita è il giorno in cui riconquista il controllo sugli esiti positivi da quel punto in avanti, e comincia ad avanzare nella luce a ritmo sostenuto. 

Vi porto la mia testimonianza certa del nome di Gesù Cristo e del potere e della felicità che la pienezza del Suo Vangelo ci offre. Egli è la Vita e la Luce del Mondo.

Questi principi che ho condiviso con voi quest’oggi sono i Suoi. Di questo rendo testimonianza nel nome di Gesù Cristo, amen.