Una storia di natale. La sera del 23 dicembre 1976, mio padre si sottopose ad un intervento chirurgico per alleviare l’effetto dell’osteoartrosi nelle vertebre della schiena. L’intervento chirurgico ebbe successo, ma poco prima della sua conclusione subì un grave attacco cardiaco.

Otto ore dopo, ne soffrì un altro. In seguito a quei due attacchi, il suo cuore che era già difettoso per una malattia sofferta in gioventù, ne uscì molto provato.

Quando finalmente lo vedemmo, intubato, pallido e privo di sensi, era la mezzanotte del 24 dicembre, la vigilia di Natale. “Tempismo magnifico”, mormorai a me stesso.

Io e Pat rimanemmo al suo fianco tutto il giorno, sia per il bene di mia madre che per quello di mio padre. Purtroppo, non sarebbe sopravvissuto e mia madre, all’età di 60 anni, non avrebbe mai immaginato questa possibilità nella sua intera vita matrimoniale.

Quando arrivò la sera, la portammo a casa nostra… Diedi una benedizione a mia madre e la convinsi a cercare di dormire un pochino.

Rimasi con Pat per un po’, scartai uno o due regali di Natale; poi le dissi di riunire la famiglia – come ha sempre fatto durante tutta la vita matrimoniale – e tornai in ospedale.

All’ospedale mi sedetti, camminai, lessi, camminai, guardai papà e camminai ancora. In effetti, non si sarebbe ripreso da tutto ciò.

Suppongo che tutti lo sapessero, ma il personale infermieristico era gentile con me e mi dette libero accesso alla sua stanza e all’intero ospedale.

Un paio di infermiere indossavano i cappelli di Babbo Natale, e tutte le sale dell’infermeria erano addobbate con decorazioni natalizie.

Durante il corso della serata penso di averli controllati tutti e sono abbastanza sicuro, che su ogni piano e in ogni reparto si poteva sentire l’atmosfera natalizia.

Mi perdonerete se ammetto che durante le prime ore del mattino mi sentivo piuttosto scoraggiato e avvilito. “Perché doveva succedere questo?” Pensai. “Perché doveva succedere a Natale?”

Perché doveva succedere a Natale?

Tra tutti i momenti possibili per perdere il proprio papà, doveva succedere proprio nel momento in cui i papà sono i migliori uomini del mondo e i regali per i bambini sembrano, in qualche modo, molto di più grandi rispetto al magro budget degli Holland?

Disteso sul letto e attaccato all’ossigeno, c’era l’uomo più generoso che io abbia mai conosciuto, il Babbo Natale della famiglia Holland giunto al suo ultimo Natale e per una svolta apparentemente crudele del destino era la mattina di Natale e stava per morire.

Nella mia autocommiserazione, non mi sembrava giusto e confesso che stavo borbottando qualcosa ad alta voce mentre camminavo su quello che sicuramente doveva essere ogni centimetro quadrato dello spazio pubblico di quell’ospedale (e una porzione equa dello spazio privato).

Ad un certo punto tra le 2:00 o le 3:00 del mattino, in quell’ospedale molto silenzioso, immerso com’ero nel dolore e nel mio eccessivo egoismo, i cieli mi mandarono una piccola rivelazione personale preconfezionata, una minuscola dichiarazione di Natale ma tanto potente come nessun’altra cosa che abbia mai ricevuto.

Una minuscola dichiarazione di Natale

Nel bel mezzo del mio borbottare sul cattivo tempismo di tutto questo, sentii chiaramente il pianto ininterrotto di un bambino. Mi spaventò veramente.

Avevo smesso da tempo di prestare attenzione a dove stavo vagando quella notte e solo allora mi accorsi di essere vicino al reparto maternità; da qualche parte, suppongo, vicino alla nursery.

Ancora oggi non so dove fosse quel bambino o come riuscii a sentirlo.

Mi piace pensare che fosse stato un bambino appena nato che aveva respirato per la prima volta e annunciava che lui o lei erano arrivati nel mondo, un fatto di cui tutti dovevano prendere nota….

“Jeff, ragazzo mio”, sembrava dire il mio Padre Celeste con quel grido del bambino, “mi aspettavo un po’ di più da te.

Se non riesci a ricordare perché tutto ciò sia importante, allora il tuo approccio al Natale non è molto diverso da quello dell’eccessiva commercializzazione, di cui tutti si lamentano in questi giorni.

Hai bisogno di capire un po’ meglio questo principio, di mettere la teologia dove sono i canti natalizi. Non puoi separare Betlemme dal Getsemani o la fuga precipitosa verso l’Egitto dal lento viaggio verso la cima del Calvario.

Sono tutti collegati e fanno parte di un unico piano. Considera “la Caduta e la resurrezione di molti in Israele”, ma sempre in quest’ordine. Il Natale è gioioso non perché è una stagione, un decennio o una vita senza dolore e privazione, ma proprio perché la vita ci regala quei momenti.

E quel bambino, Mio figlio, il Mio amato ed Unigenito Figlio nella carne, nato “lontano in una mangiatoia, [senza] culla per il suo letto” fa la differenza nel mondo, tutta la differenza nel tempo e nell’eternità, tutta la differenza ovunque, tra mondi senza numero, molto più lontano di quanto i tuoi occhi possano vedere. ”

Non posso descrivervi appieno quello che mi successe quella mattina presto, ma fu una delle esperienze natalizie più ispiratrici che abbia mai vissuto.

E mi resi conto che, i genitori di quel neonato avrebbero potuto essere i miei giovani genitori, che erano così felici quella mattina.

Nacqui a dicembre e mia madre non si stancava mai di dirmi che quello fu il Natale più felice della sua vita.

Forse la gioia che provarono il giorno della mia nascita doveva essere inestricabilmente, inseparabilmente, eternamente legata al mio dolore per la loro dipartita, tanto da non poter mai aspettarci di avere l’uno senza l’altro.

Il Natale più felice della mia vita

Capii in modo davvero profondo che in questa vita nessuno può provare un amore vero senza dover affrontare la vera perdita e di certo non possiamo rallegrarci della nascita e della gioia di vivere se non siamo preparati a capire, accogliere ed accettare con un po’ di comprensione l’inevitabilità delle difficoltà, delle preoccupazioni e della morte, incluso il loro non perfetto tempismo.

Questi sono i doni di Dio per noi: nascita e vita, morte e salvezza, l’intera esperienza divina in tutta la sua ricchezza e complessità.

Quindi c’era mio padre, il grande donatore di regali, colui che aveva trovato biciclette, pistole e regali di ogni genere da qualche parte.

Ora stava iniziando a farsi strada fuori dal mondo il giorno di Natale, sulle ali del più grande dono mai dato. Ho pensato a un altro Padre.

“Poiché Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in Lui non perisca, ma abbia vita eterna” (Giovanni 3:16).

Mi resi conto che i veri genitori erano tutti uguali; loro donano i migliori doni immaginabili a quello che è spesso un costo personale terribile e ovviamente non sto parlando di regali materiali o di costi monetari.

Quindi, quella notte, fui rimproverato con leggerezza ma con fermezza, dal pianto di un neonato.

Feci un piccolo corso di aggiornamento del piano di salvezza e mi ricordai del motivo principale per cui questa è “la stagione per essere allegri” e perché ogni Natale è un periodo di conforto, qualunque siano le nostre circostanze.

Allo stesso tempo mi fu anche ricordato che la vita non sarà sempre così accogliente come con “castagne arrostite sul fuoco” o uno splendore senza fine mentre passeggiamo “in un paese delle meraviglie invernale.”

No, la vita avrà le sue valli e le sue vette, ci saranno momenti di caduta e momenti per rialzarsi per tutti i figli di Dio. Quindi, ora, l’immagine dell’abbraccio del vecchio Simeone a quel piccolo bambino poco prima della sua morte, è una di quelle che cerco di ricordare a Natale, in una mattina di Natale.

Dopo quella notte mi sono pentito. In effetti, feci già qualche passo verso il pentimento quando ero nel reparto maternità. Se devi perdere tuo padre, quale momento più confortante del periodo natalizio?

…Sono esperienze tristi, esperienze terribilmente strazianti, con momenti difficili diversi anni a venire. Ma grazie alla nascita a Betlemme e di ciò che ha portato, queste non saranno esperienze tragiche.

Hanno un lieto fine. C’è una risalita dopo la caduta. C’è sempre vita. Nuove nascite, rinascite e resurrezioni alla vita eterna. È la gioia della stalla, il reparto maternità per eccellenza, che è eterna.

“Se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto” (Giovanni 11:21). Gli disse Marta una volta, probabilmente con lo stesso tono di voce che avevo usato su e giù per i corridoi dell’ospedale.

“Se quell’artrite non avesse richiesto un intervento chirurgico, non ci sarebbe stato alcun sforzo per il suo cuore.

Se quel nastro trasportatore fosse stato appena spostato un po’, non sarebbe iniziato quel fuoco. Se non ci fosse stata quella piccola lastra di ghiaccio su quel particolare tratto di strada così vicino al fiume Colorado…”

Ed ancora ed ancora ed ancora. Gesù ha una risposta per tutti noi, una risposta a tutti i “perché” e “cosa sarebbe successo se”, a tutti gli “avrebbe” e “potrebbe” e “dovrebbe” del nostro viaggio.

Guardando Marta con dolcezza negli occhi, disse per tutti….ascoltate:

“Io sono la risurrezione e la vita: chi crede in me, anche se muoia, vivrà; e chiunque vive e crede in me, non morrà mai” (Giovanni 11: 25-26).

Di questa testimonianza sono un testimone. Nel nome di Gesù Cristo, amen.

Questo articolo è stato originariamente scritto da “Shepherds, Why This Jubilee?” ed è stato pubblicato su ldsliving.com, intitolato Elder Holland Shares the Powerful Rebuke He Received While with His Dying Father on Christmas Morning. Italiano ©2017 LDS Living, A Division of Deseret Book Company | English ©2017 LDS Living, A Division of Deseret Book Company.