Vivere immersa in una vasca di vetro piena d’acqua, con una cannuccia per respirare. Questa è la risposta che ho dato quando uno psicologo mi ha chiesto di descrivere la sensazione di ansia e depressione che ho da tutta la vita.

È come se vedessi il mondo intorno a me e tutti si aspettassero che mi comportassi normalmente, ma per me è uno sforzo immane.

Nessuno che si accorga dell’acqua o dei miei disperati tentativi di respirare, o che capisca la mia situazione.

Ma di recente, leggendo il Salmo 69, mi sono sentita vista e capita in un modo che non avevo mai provato prima. 

La metafora nel Salmo 69

Stavo leggendo il brano dalla storica traduzione della Bibbia ebraica verso l’Inglese di Robert Alter, una traduzione moderna che ha voluto preservare lo stile letterario del testo originale ebraico, compresi i suoi ritmi poetici e le sue metafore.

La metafora nel Salmo 69Leggendo questa versione, mi è sembrato che le parole del salmista fossero sgorgate dalla mia stessa anima, come se uno scrittore vissuto tremila anni fa avesse dato voce alle mie più intime suppliche e lotte spirituali.

La metafora del salmista di affondare nell’acqua è familiare a molti lettori moderni e mi ha fatto pensare alla descrizione di depressione che avevo dato al mio psicologo.

Come molti salmi, questo comprende (1) un conflitto, (2) una lotta disperata con Dio e (3) una risoluzione di fede.

Qui di seguito una traduzione approssimativa in Italiano della traduzione di Alter, con una spiegazione di come il salmo 69 esprima le mie esperienze personali riguardo alla malattia mentale.

  1. Il conflitto (versetti 1-3)

Soccorrimi, Dio, perché le acque mi sono arrivate fino al collo.

Sono affondato nel fango degli abissi, e non c’è posto per stare in piedi.

Sono entrato nelle profondità dell’acqua e la corrente mi ha travolto.  

Sono esausto per aver gridato. La mia gola è rauca. I miei occhi vengono meno per aver sperato nel mio Dio (T.d.A).

Immaginate di essere intrappolati nella risacca di un fiume, di tentare disperatamente di rimettervi in piedi, di essere risucchiati sotto l’acqua e a valle, di gridare e cercare freneticamente aiuto ogni volta che la vostra testa riemerge.

Non avete più l’energia per lottare e sentite di non avere altra scelta se non quella di abbandonarvi alla corrente.

È una metafora che potrebbe descrivere molte prove diverse, ma quando l’ho letta la prima volta, ho subito pensato ai problemi di salute mentale.

Ogni riga riecheggiava un sentimento diverso che stavo vivendo in quel momento.

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Il bisogno fondamentale di essere salvata – e subito! – consumava i miei pensieri e, dopo aver provato tutto il resto, sapevo che il Signore fosse l’unico che poteva salvarmi.

Per quanto disperatamente o quanto spesso cercassi di mettermi in contatto con il cielo, nulla sembrava fare la differenza.

Ero esausta e la mia speranza stava lentamente affogando.

  1. La lotta (versetti 16-18, 20, 29)

Rispondimi, Signore, perché la tua misericordia è buona, nella tua grande compassione rivolgiti a me.         

E non nascondere il tuo volto al tuo servo, perché sono in difficoltà. Affrettati, rispondimi.

Vieni vicino a me, riscattami. …

Spero in una consolazione, ma non c’è, e cerco consolatori, ma non li trovo. …

Ma io sono umile e sofferente (T.d.A).

La lotta è reale. Credo pienamente che Dio ci sia, ma spesso non riesco a sentirlo nel profondo della mia disperazione mentale ed emotiva.

Uno degli effetti più tragici della malattia mentale è l’intorpidimento, la totale incapacità di sentire le cose sensibili e sfumate, compreso lo Spirito Santo.

Di conseguenza, a volte mi sento abbandonata. “So che puoi aiutarmi”, grido a gran voce, “e allora perché non lo fai?

Sto facendo tutto quello che posso. Perché hai scelto di farmi affrontare tutto questo da sola?”.

So di non essere l’unica persona a vivere questa esperienza. Alcuni dei figli più devoti del Padre celeste non riescono a sentire lo Spirito a causa della depressione o dell’ansia.

“La nostra percezione dell’amore di Dio può essere affievolita da circostanze difficili e da malattie fisiche o mentali.”, ha insegnato l’anziano Dale G. Renlund.

“A volte potremmo non sentire il Suo amore, ma è sempre lì. L’amore di Dio è perfetto. La nostra capacità di percepire questo amore non lo è”.

Vi prego di comprendere che il fatto di non sentire l’amore di Dio non significa che una persona sia distrutta o che Lui non ci sia!

Ma come posso continuare ad aggrapparmi alla fede quando il fiume mi sballotta di qua e di là e non riesco a trovare una tregua o una speranza?

  1. La risoluzione mediante la fede (versetti 29-35)

Il tuo soccorso, o Signore, mi proteggerà.

Lasciatemi lodare il nome di Dio con un canto e lo esalti in segno di ringraziamento. …coloro che cercano Dio, siano forti di cuore.

Perché l’Eterno ascolta il bisognoso, … Perché Dio soccorrerà … e ricostruirà (T.d.A).

Sembra che nulla della situazione del salmista sia cambiato: sta ancora affondando negli abissi. Ma la sua mentalità è cambiata. Si rifà alla sua fede in Dio.

La fede è la risposta per il salmista e la fede può essere una parte importante della risposta per ognuno di noi.

Tuttavia, non direi mai che la soluzione per coloro che faticano a sentire la presenza di Dio sia “avere fede”: questa frase minimizza l’esperienza di coloro che soffrono e anche la complessità del problema.

In questi versetti c’è una dichiarazione di fede, ma sembra essere basata sull’esperienza passata: Dio mi ha salvato in passato e confido che lo farà ancora in futuro.

Quello che segue è il proposito del salmista di agire con fede. Lodare Dio, esprimere gratitudine, cercare il Signore e non arrendersi mai.

Quando non sento Dio e non sento la mia fede, ho l’opportunità di scegliere comunque Lui consapevolmente.

Quando la corrente è forte e la Sua mano non è tesa per tirarmi fuori dall’acqua, posso scegliere di ricordare come Lui sia stato presente per me in passato, in modo da poter continuare a fidarmi di Lui nel presente.

Salmo 69: quando Dio tace

Durante l’Olocausto, un pio ebreo del ghetto lituano di Kovno non riusciva a trovare il coraggio di continuare a pregare.

AuschwitzLui, come innumerevoli altri, si chiedeva: “Dov’è Dio in questo ghetto? Ad Auschwitz?”. Un saggio rabbino rispose:

“Anche se [i nostri nemici] controllano i nostri corpi, non possiedono le nostre anime”. Dove si può trovare Dio nelle ore più buie? Nei cuori di coloro che scelgono consapevolmente di aggrapparsi a Lui.

Allo stesso modo, il sopravvissuto all’Olocausto Victor Frankl descrisse il potere che la scelta avesse su coloro che si trovavano nei campi di concentramento.

“In ultima analisi, diventa chiaro che il tipo di persona che il prigioniero è diventato è il risultato di una decisione interiore e non il risultato delle sole influenze del campo”, ha scritto.

Poi, per rendere il concetto applicabile universalmente, spiegò che “fondamentalmente, ogni uomo può, in circostanze [terribili], decidere che cosa diventerà – mentalmente e spiritualmente”.

Potrebbe significare che, finché ho la capacità di esercitare un arbitrio mentale, non devo essere vittima dell’apparente assenza di Dio nel mio cuore?

Non è facile, e certamente non elimina la difficoltà del non sentirmi vicino a Lui, ma questa idea mi da il potere di agire invece che subire.

Quando i cieli sembrano chiusi, posso scegliere deliberatamente di non rinunciare a Dio. Posso ricordare intenzionalmente i momenti in cui ho provato la Sua bontà nella mia vita.

Posso confidare volontariamente nel fatto che Egli mi guiderà verso l’aiuto di cui ho bisogno.

Posso cercare consapevolmente altri modi – oltre ai sentimenti – per riconoscerlo nella mia vita. E come il salmista, posso aggrapparmi volontariamente alla fede nel fatto che Dio mi proteggerà da pericoli troppo grandi per me, che mi salverà a suo modo e tempo e che raccoglierà i pezzi della mia vita per ricomporli in qualcosa di ancora più grande.

Così, durante quei giorni, mesi o anni in cui non riesco a sentire il Signore vicino, scavo in profondità e queste sono le cose che cerco di fare.

Quando Dio tace

Quando non ci sono segni riconoscibili della presenza del Padre Celeste nella mia vita, scelgo consapevolmente di credere che il silenzio non significa assenza, sempre con la ferma speranza che un giorno questa convinzione si rivelerà vera.

E finora non mi ha mai deluso.

chatta con noiSalmo 69: come credere in Dio anche quando sta in silenzio (o così pensiamo) è stato originariamente scritto da Chelsea Hayden ed è stato pubblicato su ldsliving.com, intitolato Psalm 69: Why God’s silence does not signify His absence. Italiano ©2022 LDS Living, A Division of Deseret Book Company | English ©2022 LDS Living, A Division of Deseret Book Company.