Tradurre il Libro di Mormon in arabo. “Il mio vicino, Sami Hanna, è un egiziano nativo. Egli è uno studioso accademico che si è trasferito nel nostro quartiere, per accettare un incarico con l’università, come specialista di Studi sul Medio Oriente e sul gruppo semitico di lingue come l’arabo, l’abissino, l’ebraico, l’aramaico e l’assiro.

Essendo un nuovo arrivato nella nostra comunità, sentiva che i Mormoni erano persone un po’ particolari. Dopo aver appreso che il nome Mormone viene dal Libro di Mormon e che noi siamo convinti che esso sia scrittura divina, fu incuriosito dall’esistenza del Libro di Mormon.

Aveva erroneamente pensato che esso facesse parte della letteratura americana.

Quando gli è stato detto che il Libro di Mormon era stato tradotto dall’antico egiziano o dall’ebraico modificato, nella lingua inglese, dal profeta Joseph Smith, egli si senti ancora più interessato, poiché si trattava della sua lingua madre ed egli conosceva molto circa le altre lingue semitiche e le lingue moderne.

Libro di Mormon in Ararbo

Così decise di intraprendere il progetto di tradurre il Libro di Mormon in arabo. Questa traduzione era diversa da quella degli altri traduttori, perché era una traduzione a posteriori, che riportava alla lingua originale del libro.

Per fare di una lunga storia, un breve riassunto, il processo di questa traduzione è diventato il processo della sua conversione: egli seppe ben presto il Libro di Mormon era un documento divina, anche se non sapeva praticamente nulla dell’organizzazione della Chiesa o dei suoi programmi.

La sua conversione è venuto puramente dalla linguistica del libro, che non poteva essere stato composto da un americano, non importa quanto talento avesse.

Aspetti linguistici interessanti

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Alcune di queste osservazioni credo saranno di vostro interesse, come lo furono per me, perché chiariscono alcuni degli aspetti unici del libro.

1. Giarom 2: “E’ pertanto necessario…” Questa espressione, strana e goffa in inglese, è eccellente grammatica araba. Altrove, nel libro, l’uso dei verbi composti “ha mangiato”, “è andata”, “ha sorriso” di nuovo goffi e raramente usati in inglese, sono la grammatica classica e corretta nelle lingue semitiche.

2. Omni 18: “Zarahemla diede una genealogia dei suoi padri, secondo la sua memoria”. Fratello Hanna indica che questo è un costume tipico dei suoi antenati semiti, che recitano la loro genealogia a memoria.

3. Le parole di Mormon 17: si rimanda qui, come in altre parti del Libro di Mormon, all’”ostinazione” del suo popolo. Fratello Hanna percepisce che questa parola sarebbe una parola molto insolita da usare, per un giovane americano, Joseph Smith. Un americano probabilmente preferirebbe un aggettivo come testardo e inflessibile. Ma il costume, in lingua araba, è quello di utilizzare un solo aggettivo descrittivo. “Collo duro” è un aggettivo che si usa nel descrivere una persona ostinata.

4. Mosia 11:8: “Re Noè costruì molti edifici eleganti e spaziosi e ornati con lavoro fine e cose preziose, tra cui lo ziff”. Vi siete mai chiesti il significato della parola “ziff” di cui si parla nella presente Scrittura? Questa parola, anche se è presente nel Libro di Mormon, non è contenuta nei dizionari della lingua inglese. Eppure si traduce liberamente dall’arabo: lo ziff è un particolare tipo di spada ricurva, simile ad una scimitarra che viene portata in una guaina e spesso usato per ornamento, nonché per scopi più pratici. La scoperta della parola “ziff” nel Libro di Mormon ha davvero eccitato il mio vicino, fratello Hanna.

5. Alma 63:11: si fa riferimento a Helaman, figlio di Helaman. Perché Joseph Smith non ha interpretato questo come Helaman Jr., che sarebbe stato più logico per lui, visto che portava lo stesso nome di suo padre, Joseph, e veniva chiamato Joseph Smith, Jr. In arabo, fratello Hanna spiega che non c’è la parola “junior”, per indicare questa circostanza. La loro usanza è quella di usare la terminologia Joseph, figlio di Joseph; Helaman, figlio di Helaman, etc.

6. Helaman 1:3: qui si fa riferimento al contendere il seggio del giudizio. Fratello Hanna osserva che l’uso del termine “seggio” sarebbe piuttosto strano per un americano che avrebbe potuto usare un sostantivo più familiare, come governatore, presidente o sovrano. Eppure, nel costume arabo, il luogo del potere è nel seggio e in chi occupa quella sede vi è l’autorità e il potere.

L’autorità va con il seggio e non con l’ufficio o con la persona. Quindi questo, nelle lingue semitiche, ne connota esattamente il significato.

7. Helaman 3:14: in questo verso, ci sono un totale di diciotto “e”. I revisori del Libro di Mormon sono, a volte, criticati per la grammatica, in un tale passaggio in cui l’uso della parola “e” sembra così ripetitivo. Eppure Fratello Hanna spiega che ciascuna delle “e” in questo verso è assolutamente essenziale per il significato, quando questo versetto si esprime in arabo, perchè l’omissione di qualsiasi “e” annullerebbe il significato delle parole.

8. Helaman 3:18-19: vi siete chiesti perché il Libro di Mormon cita un sistema di numerazione come questo? Noi diciamo “quaranta e sei, quaranta e sette, quaranta e otto”? No! La naturale interpretazione di Joseph Smith sarebbe più appropriata con le parole quarantasei, quarantasette, quarantotto senza e. Fratello Hanna ha osserva che l’uso della “e” in quaranta e sei “è proprio corretto in arabo. Ricordate che contano, così come letto, da destra a sinistra e recitare i loro numeri con la “e” per separare le colonne”.

Bene, io ho appena citato solo alcuni di questi esempi. Ce ne sono molti di più! Come Santi degli Ultimi Giorni, siamo consapevoli dell’origine semitica del Libro di Mormon. Il fatto che uno studioso arabo come questo, vede una bella coerenza interna nella traduzione del profeta Joseph Smith del libro, è di grande interesse. Il profeta Joseph non si limitò a rendere un’interpretazione, ma una traduzione, parola per parola, dall’egiziano geroglifico, alla lingua inglese. Fratello Hanna ha detto che il Libro di Mormon semplicemente scorreva di nuovo, in lingua araba.

Riflessioni di Sami Hanna come registrate da Russell M. Nelson, apostolo della Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni (adattato da un discorso tenuto il 25 Giugno 1992 ad un seminario per i nuovi presidenti di missione, al Centro di Addestramento Missionario di Provo, in Utah)

Questo articolo è stato pubblicato sul sito rogerknecht.com ed è stato tradotto da Cinzia Galasso