Tom e Anita Herway hanno vissuto per tre decenni in Europa, avendo così la possibilità di fare diversi viaggi in Italia, sia per lavoro che per vacanza.

Durante i loro viaggi in Italia, come altri turisti, hanno notato molti rifugiati nelle strade e nelle piazze, ma non hanno mai prestato loro molta attenzione, fino a quando nel 2017, dopo essere andati in pensione, si sono trasferiti a Roma. Dal quel momento hanno iniziato a vedere i rifugiati sotto una luce diversa.

Recentemente hanno incontrato un giovane, che è fuggito dalla sua terra natia, la Somalia, rischiando la vita. Nel suo paese i membri della sua famiglia sono stati sfruttati e poi uccisi, quando hanno opposto resistenza.

Rimasto solo, senza famiglia e parenti, il giovane ha indicato gli altri rifugiati ed i volontari italiani del campo allestito in modo temporaneo, chiamandoli: “La mia famiglia”. Il suo unico desiderio era quello di lavorare in un negozio ed avere una vita sicura e pacifica.

Una coppia missionaria Mormone

L’anziano e sorella Herway sono stati chiamati dalla Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni a servire una missione di volontariato in Italia, e sono la prima coppia missionaria Mormone assegnata specificamente ai servizi umanitari ed ai rifugiati di questa zona.

Essi stanno unendo i loro sforzi collaborando, non solo con la chiesa locale di cui fanno parte e con i suoi membri, ma anche con le associazioni benefiche di aiuti umanitari e di volontariato.

Alcuni rifugiati hanno paura di parlare, ha dichiarato l’anziano Herway, in quanto sono stati ingannati, abusati e sfruttati sia nei loro paesi che durante il viaggio in Italia. Ascoltare in prima persona le storie da loro raccontate, è sempre un’esperienza che ci aiuta ad aprire gli occhi su quello che sta veramente accadendo nel mondo.

La sorella Herway, ha affermato che lavorare con e per i rifugiati è qualcosa che sarebbe utile a tutti.

Le loro necessità sono tante perché non hanno letteralmente niente. Essi hanno dovuto lasciare tutto per una vita migliore. La gratitudine che tanti di loro mostrano per le cose più piccole, è una cosa meravigliosa.

Il desiderio di sorella Herway, è che tutti possano in qualche modo vivere l’esperienza che lei stessa sta vivendo. Il mondo di queste persone non sarebbe più lo stesso.

Comprendere il lavoro e il compito della coppia missionaria Mormone Herway e il ruolo svolto dai dirigenti e membri della chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni in Italia, ci aiuta a capire il coinvolgimento della Chiesa negli sforzi umanitari locali.

Aiutare i rifugiati in Italia

rifugiati

Foto: Anita Herway

Da tanti anni l’Italia sta vivendo un periodo difficile a causa dell’afflusso di migliaia di rifugiati e clandestini sulle coste meridionali e nelle isole circostanti. Grazie a questa penisola che sporge a forma di stivale in mezzo al Mediterraneo, vengono accolti e assistiti ogni giorno migliaia di rifugiati.

Tante associazioni di volontariato e aiuti umanitari si movimentano collaborando insieme per donare dignità, soccorso e creando risorse per i nuovi arrivi. Nel 2016 i clandestini che sono riusciti a raggiungere le coste italiane sono stati 180.000.

Tanti uomini, donne e bambini hanno perso la vita nella traversata verso la speranza, scappando dalla guerra causata da problemi politici, di religione ed economici.

Un’atmosfera di crisi

L’Italia è un paese che lavora in prima linea in Europa per l’accoglienza, donando tramite associazioni private e pubbliche aiuti economici, cibo, alloggi, medicinali e beni di prima necessità.

L’altro terzo dei rifugiati transita dall’Italia verso altri paesi europei, ma non tutti riescono a raggiungere le destinazioni sperate e fanno delle stazioni e della strada la loro dimora giornaliera, nella speranza di partire presto per riunirsi alle loro famiglie, ai loro parenti e vivere in condizioni migliori.

La chiamata dell’anziano e sorella Herway ha tre scopi, il primo è quello di aiutare gli italiani ad avvicinarsi e a conoscere meglio la realtà e le condizioni di vita dei profughi, il secondo è quello di coinvolgere i membri e i dirigenti locali della chiesa nello sforzo di far sentire loro che c’è un Padre nei cieli che li ama e che si prende cura di loro e il terzo, aiutare la chiesa ed i suoi servizi di carità a collaborare insieme alle altre organizzazioni locali.

Sister Herway afferma che c’è bisogno di identificare e capire il trauma che i profughi hanno subito e la necessità di un supporto psicologico per le ferite sia fisiche che psicologiche sofferte.

Lo stress post trauma ha bisogno di essere curato perché è importante quanto la cura delle necessità fisiche basilari.

Gli sforzi della Chiesa Mormone

rifugiati in Italia

Foto: Anita Herway

L’Anziano De Feo, un’autorità generale della Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni, ha dichiarato quanto segue: “Siamo in prima linea nell’essere discepoli del nostro Signore Gesù Cristo… da molto tempo facciamo questo realizzando molti progetti ancor prima che nascesse un palo a Roma.

Stiamo creando, con alcune enti locali, dei centri per l’autosufficienza per aiutare i rifugiati ad ottenere un’istruzione ed a trovare lavoro”, ha spiegato l’Anziano De Feo.

L’Anziano Dini Ciacci afferma che la chiesa si appoggia e collabora con le associazioni chiave di aiuti umanitari e che i membri non fanno questo lavoro da soli.

L’organizzazione della chiesa si sta infatti occupando di stabilire delle relazioni di cooperazione con il governo italiano, per offrire ai rifugiati un’assistenza immediata al loro arrivo.

I progetti umanitari sono delle opportunità per avvicinare e unire i popoli di culture, religioni e politiche diverse, creando così un’armonia fra le diversità.

L’amore e il servizio sviluppano quegli attributi cristiani che vanno al di là delle barriere sociali, in un mondo sempre più in lotta, ma pieno di opportunità, c’è bisogno di stendere le mani a chi ha rischiato la propria vita e la rischia ogni giorno, aggrappandosi a quella fievole luce di speranza per uno spiraglio di libertà e di pace.

L’anziano Herway, pensa al giovane uomo somalo che ha incontrato insieme a sua moglie e dice: “Gli obiettivi di questo giovane sono semplici e realizzabili, la felicità è a sua disposizione.

Essere in grado di aiutare queste persone in qualche modo e promuovere la buona volontà della Chiesa verso questa causa, ha reso tutti i sacrifici che abbiamo fatto per venire in missione, un’esperienza meritevole, degna di essere vissuta”.

Questo articolo è stato pubblicato sul DeseretNews