Recentemente ho adottato un gatto di nome “Hank the Tank” (Hank il carro armato). È un soriano paffutello a cui piace farsi coccolare, miagolare per ottenere le cose e salire sui ripiani perché, beh, è ​​un gatto.

Naturalmente, i ripiani della cucina non sono il posto più adatto per un gatto, con gli oggetti appuntiti, il cibo e la necessità di tenerli puliti. Quindi, quando lui passeggia tra un lavello e l’altro annusando i piatti sporchi che avrei dovuto lavare il giorno prima, lo chiamo per attirare la sua attenzione.

Non mi sorprende che non alzi nemmeno lo sguardo, che non si accorga di me e che continui a fare quello che sta facendo. La nostra comunicazione non è tra le migliori. Un po’ di tempo fa, stavo pensando a Hank e a come avrei potuto convincerlo a prestarmi attenzione, quando mi sono resa conto che lui ed io non siamo così diversi.

Ultimamente ho riflettuto sulla rivelazione e su come spesso mi sia sentita come se avessi gridato al Signore e non avessi sentito nulla in risposta.

Come se non avessi ricevuto da Lui degli avvertimenti tempestivi che mi avrebbero davvero aiutato ad uscire da alcuni momenti difficili. E mi sono chiesta: il Signore non risponde o sono io che non Lo ascolto?

Ed oggi mi rendo conto di ascoltarLo quasi quanto Hank ascolti me.

Tanti di noi affrontano un problema simile. Chiediamo aiuto al Signore, ma i cieli sembrano essere chiusi. È come se ci rispondesse: “Buona fortuna, ragazzo, questa volta sei da solo!”.

È particolarmente difficile quando ci viene detto che possiamo “ascoltarLo” e ricevere rivelazioni come Joseph Smith, che fece una semplice domanda al Padre celeste ed ottenne una risposta così incredibile!

Il silenzio può farci sentire isolati, soli ed abbandonati dal nostro Padre Celeste, anche quando abbiamo fede che Egli voglia guidarci in qualche modo.

E se non ci avesse mai abbandonati? E se fossimo noi quelli che lo tengono a distanza? E se fossimo noi quelli che non ascoltano la Sua voce o non riconoscono il Suo Spirito gentile che ci chiama per nome?

Davvero il Signore non risponde?

In un discorso presente nella Stella di Gennaio del 1990, l’anziano Richard G. Scott del Quorum dei Dodici Apostoli (1928–2015) dice:

“Quando siamo in preda a forti emozioni, è difficile trovare da soli una via d’uscita […] Quando sembra che le nostre insistenti preghiere non ricevano alcuna risposta, ciò può essere dovuto al fatto che non comprendiamo alcuni principi della preghiera, o che non riconosciamo le risposte quando ci vengono date.”

Egli continua il suo intervento dicendo che non è vero che il Signore non risponde alle preghiere, anzi lo fa sempre in uno dei tre modi seguenti:

“Quando Egli risponde sì, è per darci fiducia.

Quando risponde no, è per impedirci di commettere un errore.

Quando Egli si trattiene dal rispondere, è per farci progredire mediante la fede in Lui, l’obbedienza ai Suoi comandamenti e la disponibilità ad agire in base alla verità.

Si aspetta che ci assumiamo la responsabilità che ci compete prendendo l’iniziativa in base a una decisione coerente con i Suoi insegnamenti, senza ottenere una conferma anticipata […] Dobbiamo agire.”

Ma è difficile, no? È difficile per me pregare ogni sera con le migliori intenzioni, solo per avere l’impressione di non riconoscere nessun sì, ma allo stesso tempo non ricevere nemmeno un no. E la terza opzione? A volte, ricevere una non risposta, può essere anche peggio.

Di recente ho letto un romanzo in cui un personaggio voleva la guida di un altro personaggio. “Perché non mi ha aiutata?” si chiede la ragazza. “Sa che morirò senza il suo aiuto”.

Ma poi, comprende qualcosa sul loro rapporto.

Lui non l’aveva aiutata perché voleva farle capire che era già vicina alla sua risposta. Confidava nel fatto che lei si sarebbe resa conto di poter arrivare dove voleva da sola, che era davvero vicina al suo obiettivo.

A volte penso che il Signore si comporti in modo simile.

prospettiva sulla solitudineQuando Lo prego per qualcosa di cui sono preoccupata, se non sento un sì o un no da parte Sua, è perché Egli si fida di me, perché sa che posso affidarmi alla guida ricevuta in passato e fare le mie scelte, agendo proprio come il Padre amorevole che è.

Il Signore non risponde perché sa che sono vicina alla mia risposta o che crescerò nel modo in cui ho bisogno, trovandola da sola.

Ripenso a tutte le volte nella mia vita in cui la guida del Signore avrebbe potuto impedirmi di fare grandi errori, ma poi mi rendo conto che quegli errori mi hanno resa la persona che sono oggi.

E tornando al mio rapporto con il mio buon vecchio Hank: quando inizierà a riconoscere la mia voce ed il suo nome, sarà più facile darmi retta. E più mi ascolterà, più sarà al sicuro e più si fiderà di me.

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Naturalmente, la mia relazione con il Signore è un po’ più complessa, ma penso che si applichino principi simili. Più ascolto ed obbedisco ai suggerimenti che ricevo, più mi fiderò del Signore.

E più mi fido di Lui, più Lo ascolterò.

Quando non sento la Sua risposta, non devo preoccuparmi che non sia lì o che non Gli importi di me. Posso fidarmi del fatto che Egli abbia fiducia in me e nella mia capacità di prendere delle buone decisioni ed imparare dai miei errori.

A volte questi pensieri ancora non mi soddisfano e, talvolta, mi sento ancora sola o confusa. Ma in una certa misura sto iniziando a capire che tutto questo fa parte di ciò che significa essere umani.

Fortunatamente, posso sempre contare sulla presenza del mio Padre celeste e del Salvatore Gesù Cristo, quando voglio solo piangere o arrabbiarmi o semplicemente ho bisogno di sentire il Loro amore. Nei periodi di stress e difficoltà, sono Loro che mi aiutano a superare ogni cosa.

Avete avuto un’esperienza simile? O avete una storia che vorreste condividere sulla ricerca della pace in Gesù Cristo? Commentate! Ci piacerebbe sentire la vostra opinione!

Questo articolo è stato pubblicato sul sito churchofjesuschrist.org e scritto da Mackenzie Brown. Questo articolo è stato tradotto da Cinzia Galasso.