All’interno della Chiesa c’è una varietà incredibile di culture e nazionalità. Ogni membro porta un importante contributo, in termini di diversità e di conoscenza.

Ma questo comporta anche il porsi delle domande. Qual è il rapporto tra cultura e Chiesa? Che ruolo gioca la cultura in senso evangelico?

Nella vita dopo di questa, continueremo a mantenere le nostre identità etniche? Come ci dobbiamo comportare nei riguardi di culture diverse dalla nostra?

Cultura e chiesa

Le varietà di culture e razze all’interno della Chiesa sono una cosa bellissima. Esse dimostrano, in modo inconfondibile, come il Vangelo si applichi a tutte le persone, allo stesso modo.

Non c’è differenza in ciò che viene insegnato in una chiesa situata a Tonga, rispetto a ciò che viene insegnato in una chiesa in Germania.

Certo, la lingua cambia, ma le dottrine, i principi e gli standard si applicano allo stesso modo, in tutto il mondo.

Ogni famiglia cresce i propri figli seguendo la propria cultura e le proprie tradizioni, nel modo che meglio si adatta alla loro educazione ma, per quanto riguarda i principi del Vangelo, essa si attiene a quelli che sono gli standard che Gesù Cristo ha stabilito per la Sua Chiesa.

Ogni famiglia vive quegli standard ed i genitori sono di esempio ai figli: la loro cultura personale servirà solo ad arricchire la famiglia con un’identità unica e legami più stretti.

Multietnicità e membri della Chiesa

Ovviamente, questa diversità comporta un confronto tra varie culture anche all’interno della Chiesa. Ci sono membri diversi da noi per tradizioni, usanze, aspetto fisico.

Ma, come figli di Dio, siamo chiamati a guardare a quello che abbiamo in comune, ovvero l’essere fratelli e sorelle, figli dello stesso Padre.

In un discorso intitolato Cuori legati in rettitudine e unità, anziano Cook riporta quanto segue:

Come giovane non appartenente alla nostra fede, il generale Thomas L. Kane aiutò e difese i membri della Chiesa quando fu chiesto loro di abbandonare Nauvoo.

Fu un difensore della Chiesa per molti anni. Nel 1872, il generale Kane, la sua talentuosa moglie, Elizabeth Wood Kane, e i loro due figli maschi viaggiarono dalla loro casa in Pennsylvania a Salt Lake City.

Accompagnarono Brigham Young e i suoi compagni durante un viaggio verso sud a St. George, nello Utah. Elizabeth visse la sua prima visita nello Utah con delle riserve riguardo alle donne.

Rimase sorpresa da alcune delle cose che imparò. Ad esempio, scoprì che nello Utah alle donne era aperta la possibilità di perseguire ogni tipo di carriera che consentisse loro di guadagnarsi da vivere.

Scoprì, inoltre, che i membri della Chiesa erano gentili e comprensivi nei confronti dei nativi americani. Durante il viaggio sostarono a Fillmore presso la casa di Thomas R. e Matilda Robison King.

Elizabeth scrisse che, mentre Matilda stava preparando un pasto per il presidente Young e per coloro che erano con lui, cinque indiani americani entrarono nella stanza.

Sebbene non fossero stati invitati, era chiaro che si aspettavano di unirsi al gruppo. La sorella King parlò loro “nel loro dialetto”. Essi si sedettero per terra con le loro coperte e un’aria serena sul loro volto.

Elizabeth chiese a uno dei figli dei King: “Che cosa ha detto tua madre a quegli uomini?”. La risposta del figlio di Matilda fu: “Ha detto:

‘Questi stranieri sono venuti prima di voi, e io ho cucinato cibo a sufficienza solo per loro, ma il vostro cibo è sul fuoco e sta cuocendo; vi chiamerò appena sarà pronto’”.

Elizabeth chiese: “Lo farà davvero oppure darà loro degli avanzi sulla porta della cucina?”.

Il figlio di Matilda rispose: “La mamma li servirà proprio come ha servito lei e darà loro un posto al suo tavolo”. E così fece, e “mangiarono con perfetta educazione”.

Elizabeth spiegò che la sua opinione sull’ospitalità di Matilda crebbe del 100 percento. L’unità migliora quando le persone vengono trattate con dignità e rispetto, anche se sono diverse esteriormente.

Questo è quanto è richiesto a noi, come figli di Dio: essere uniti e trattare le persone con dignità e rispetto, anche se sono esteriormente diverse da noi.

L’aldilà sarà un momento affascinante. Ricorderemo sicuramente le nostre vite mortali e tutte le cose che ci hanno reso unici, personalmente e culturalmente.

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Non è possibile che il Padre celeste voglia portarcelo via. Ma, in definitiva, apparteniamo tutti ad un’unica cultura: quella del Padre celeste.

Le apparenze fisiche non sono ciò che conta nell’eternità, ma il contenuto del cuore è la vera misura di un uomo.

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Questo articolo è tratto dal sito askgramps.org ed è stato scritto da Cinzia Galasso