Sono mormone, ma non lo sono sempre stato.

La mia famiglia si è convertita quando ero alle elementari, con mio padre che ha abbandonato il suo scetticismo e il suo presbiterianesimo occasionale per questa nuova fede fatta di tavole d’oro, profeti moderni, e giovanotti sorridenti con abiti scuri che si portano le loro scritture in giro sulle loro biciclette, mentre mia madre ci ha seguito con riluttanza, dovendo abbandonare la sua tradizione di cattolica ottenuta dai suoi antenati polacchi e ungheresi, cosa molto più difficile che abbracciare il mormonismo.

Sono andato in chiesa, mi sono diplomato e sono andato in missione, diventando uno di quei giovanotti sorridenti con abiti scuri, pedalando per le strade di Los Angeles con le scritture sottobraccio.

Sono andato all’università, mi sono sposato con una bellissima donna mormone, e ho iniziato una nuova famiglia continuando ad andare in chiesa.

Sono diventato vescovo, e cioè il dirigente di una congregazione mormone.

Strinsi la mano di mia moglie mentre osservavamo nostro figlio partire per la sua missione, diventando un altro giovanotto sorridente con le scritture sottobraccio, mandato a pedalare nelle piccole comunità rurali del Nebraska orientale.

Seguire il Mormonismo

Non scelsi di diventare mormone, o perlomeno non all’inizio. Questa fu la conversione dei miei genitori.

Accettai senza troppe lamentele lo spostamento dalla parrocchia della Madonna di Czestochowa al rione di Niagara Falls (cascate del Niagara), passando dal latino, le statue e i preti impeccabilmente vestiti che amministravano l’Eucarestia in quella maniera quasi mistica, e arrivando in una cappella semplice e umile, con inni intensi ma modesti, e il caos più sincero degli adolescenti, con le loro camicie stropicciate e le scarpe da ginnastica, che passavano il sacramento alla congregazione; dopotutto, quando sei un ragazzo, vai dove vanno i tuoi genitori.

Quando sei un’adolescente, vai in chiesa perché ci sono le ragazze, c’è il cibo delle attività di palo, le serate danzanti, ed ogni occasione di divertimento, molto più importanti dei principi o delle dottrine.

Ma presto il divertimento non basta, perché ci sono altre organizzazioni, altre ragazze, altri posti dove andare a ballare e divertirsi che sono più facili, e che non ti “appesantiscono” come la Chiesa di Gesù Cristo. O te ne vai, o trovi un motivo di restare; o, in altre parole, trovi la tua fede.

Tempio Salt lake

Delle persone attraversano il tempio di Salt Lake City per partecipare alla conferenza generale semi annuale della Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni a Salt Lake City, Utah, il 5 aprile 2014. Foto di Jim Urquhart/Reuters

Questo è ciò che mi è successo, ma non saprei spiegarlo bene. Ci volle del tempo, ci volle un po’ di solitudine e preghiera; e ciò che venne era sottile, quasi impercettibile.

Non c’era nessuna inondazione di luce extraterrestre, nessuna manifestazione dell’altro mondo, nessuna esplosione di fuochi d’artificio nel mio cervello. C’era solo pace, e tranquillità.

Il dubbio non scomparve, o almeno non completamente, ma come scrisse il poeta polacco Czeslaw Milosz, insieme al dubbio c’era anche il “giusto accanto a me, abbastanza vicino da toccarlo, una cosa reale, indiscutibile”.

Ho passato la maggior parte della mia vita a ricercare Dio ed a ottenere certezze, trovandole e trovandolo nei bisbigli, nella gentilezza delle persone care e nel coraggio degli stranieri, e soprattutto in quella sensazione di sicurezza che viene dopo che, come l’apostolo Pietro, ingoio la mia paura e i miei dubbi per poter esclamare: “Lo so”.

La fede mormone

Questa non è una cosa semplice da accettare. La fede, alla fin fine, è un po’ come il piatto forte della nonna: ognuno ha il suo, ognuno è convinto che quello della propria nonna è il migliore, ed ognuno ha il terrore di che cosa qualcuno potrebbe combinare se ci mettesse le mani quando viene cucinato.

Alcuni dei miei fratelli se ne sono andati dalla Chiesa Mormone. La famiglia di mia madre è rimasta (con alcune eccezioni) fedelmente e devotamente cattolica, e guarda il nostro viaggio di quarant’anni di mormonismo con un po’ di confusione.

Anche mia moglie, i cui antenati sono tra i primi convertiti mormoni, ha il suo albero genealogico cosparso di persone che hanno scelto un’altra strada. La chiesa non piace a tutti, a quanto pare.

La fede non è minacciata da cose simili. La fede capisce che non puoi forzare delle esperienze spirituali degli altri, e che loro non possono forzarle te.

La vera fede, quella duratura, non è minacciata dalle altre voci. La vera fede è rispettosa, è tollerante, e non ha paura di abbracciare tutto ciò che porta luce, verità ed amore in un mondo stanco e logoro.

La fede, alla fin fine, è un po’ come il piatto forte della nonna: ognuno ha il suo, ognuno è convinto che quello della propria nonna è il migliore, ed ognuno ha il terrore di che cosa potrebbe combinare qualcuno se ci mettesse le mani quando viene cucinato.

Joe Jackson, cantautore inglese, ci ricorda: “non lasci mai il passato alle tue spalle, ma ogni volta lo accumuli”.

La fede è l’insieme di memorie e tradizioni, unite ad idee ed impulsi e suggerimenti del cuore, che tutti insieme ci formano, ci rafforzano, e ci aiutano a scegliere il giusto.

La chiesa mormone

C’erano volte in cui, quand’ero vescovo e presiedevo su di una congregazione molto atipica (composta da africani, sudamericani, argentini, tongani, filippi ed i classici figli dei pionieri), vedevo un’altra generazione di adolescenti con il loro sincero caos, le loro camicie stropicciate e le scarpe da ginnastica mentre passavano il sacramento alla congregazione, mi ricordavo dei giorni della mia infanzia nella parrocchia della Madonna di Czestochowa e pensavo: “tutto questo sarebbe meglio con delle candele”.

Io adoro case di riunione semplici e umili, e i nostri inni intensi e modesti, ma c’è una grande bellezza e comfort nel calore di quella vecchia parrocchia.

Quando sono tentato di trattare le cose sacre alla leggera, mi ricordo di mio nonno, che era fervente cattolico, che si svegliava molto presto la mattina per pregare e leggere la sua bibbia, es il mio cuore si ammorbidisce. La mia strada mi ha portato in posti che lui non riconoscerebbe, ma io sono qui a causa sua.

Ci sono così tante altre persone che illuminano la mia via: mia madre, a cui hanno dato il nome del santo patrono delle cause perse (Giuda Taddeo), che ha sopportato tutto ciò che sette figli e il diventare vedova da giovane poteva infliggergli, senza mai perdere il suo senso dell’ottimismo; il mio amico Scott, che rifiuta la religione, ma che brucia di compassione puramente cristiana per tutti coloro che soffrono.

E il mio amico Joel, che è così mormone che il suo albero genealogico è pieno di poligami, il quale possiede un’abilità inesauribile di servire gli altri con gentilezza e buon umore (il che è a sua volta un comportamento cristiano); le adolescenti musulmane nelle scuole superiori dei miei figli, vestite di jeans e hijab, e quindi determinate sia nella loro fede che nell’essere delle ragazze normali; e infine il gruppo di amici del nostro figlio più giovane, di ogni razza, credo, e di ogni colore, stipati nella nostro salotto a guardare la partita di calcio, i quali piegano rispettosamente la loro testa mentre noi benediciamo la nostra pizza e le patatine.

Io sono un mormone, e conosco la strada in cui sono, perché è illuminata da migliaia di buoni esempi; migliaia di persone che, ognuna a suo modo, è seduta vicino a delle “cose reali, indiscutibili”.

La bellezza di questo viaggio è che ognuno di noi, a prescindere da ciò che sappiamo, aiutiamo ad illuminare la strada degli altri, e tutti insieme facciamo brillare il mondo di possibilità.